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settembre 25, 2019


Vent’anni. Un traguardo, una meta, una svolta, un’età da segnare. Se la Viscardi ha deciso di dedicarci un intero canale YouTube, io dedico loro il primo articolo di una nuova stagione.

Ieri sera mi sono addormentata che ancora ero nell’era dei teen - nineteen, teenager a tutti gli effetti. Stamattina mi sveglio ventenne. Ho aggiunto una decina, una di quelle palline rosse che si trovano sull’abaco, di fianco a quelle blu delle unità. E per la prima volta non sono così tanto felice di aver compiuto gli anni. O meglio, non è la stessa sensazione di un tempo, quella che provavo da piccola, quando non vedevo l’ora di aggiungere un numero alla mia collezione di candeline, quando l’unico pensiero che avevo era quello di mangiare la torta e di scartare i regali. Ora ripenso a tutte le volte che mi sono sentita dire dagli adulti che dopo una certa età l’aggiunta di una pallina rossa non si festeggia più e, per la prima volta, non posso biasimarli. 

Stavo così bene nei miei teen, ormai mi ci ero quasi abituata. Con quel guardare sempre avanti e mai indietro, correndo senza timore verso il cambiamento, verso il diverso, verso ciò che non è la routine. Quell’età dove potevi prendere e lasciare tutto senza pensieri, senza preoccupazioni. Quell'età in cui le scelte non erano così rilevanti, perché si aveva una vita davanti per decidere cosa fare, dove andare. Quell'età in cui ti sentivi invincibile e immortale, e la salute era un discorso da vecchi che non ti avrebbe toccato ancora per un bel po’. 

E poi ti risvegli ventenne, la patente, un conto in banca, gli esami, un lavoro e un pugno di responsabilità in più. Ti risvegli ventenne e sai che ora prima di prendere e lasciare tutto ci penserai due volte, se non tre. Ti risvegli ventenne e scopri che ogni scelta, ogni piccola decisione quotidiana è il pezzo di un puzzle che devi completare senza avere la minima idea di come sia la figura completa. Ti risvegli con la paura di scegliere il pezzetto sbagliato che poi non si incastra. O ancora peggio, con la paura che il pezzo che scegli porti a una figura che poi non sai se ti piacerà più di tanto, il problema è che non hai idea di che figura ti piaccia, perché non è che tu te lo sia mai chiesto per davvero. Ti risvegli ventenne e scopri di non essere immortale e ringrazi qualche divinità perché per qualche strana incomprensibile ragione a vent’anni ci sei arrivato ancora tutto intatto. Scopri di non essere immortale, conti tutte le sigarette che hai fumato fino ad ora - sembrava ieri che con aria di sfida ti accendevi la prima - e scopri che ormai son passati anni e che forse è anche arrivato il momento di metterlo in conto. Insomma ci si sente vecchi solo a farlo, un discorso del genere. Uno di quei discorsi che sentivi fare ai grandi e trovavi così tristi, così limitanti. E invece ora la clessidra la vedi anche tu, senti - ancora lontano, ma lo senti, e per la prima volta - il ticchettio del timer, che fa la conta al rovescio. 

E nonostante tutto, questi vent’anni hanno un certo fascino. Vedi le responsabilità, ne senti il peso, ne vedi altre in arrivo eppure non puoi fare a meno di pensare che in fondo non sia poi così brutto diventare grandi. Inizi a conoscere parole come autonomia, autodeterminazione, libertà, scelta, possibilità. E ti spaventi, ma allo stesso tempo provi un pizzico di brio, di quell’adrenalina che ancora un po’ ti è rimasta dall’adolescenza, il brivido di poter scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa di più grande seppur misterioso e per questo temibile. 

E pensi che questa volta, forse, se farai qualche sforzo in più potrai anche godertelo davvero, questo cambiamento. Perché ora hai gli strumenti per essere consapevole della sua bellezza, della sua grandezza, della sua unicità. Non te lo lascerai scivolare addosso come prima, così, come se fosse acqua. No, lo guarderai negli occhi e gli dirai che non lo temi, nonostante tu ti stia cagando sotto dalla paura. E poi lo guarderai di nuovo, da vicino, e gli dirai: ti stavo aspettando. Non ti aspettavo così, ma oh non sei così terribile come pensavo. 

Oppure capiterà che lo guarderai e ti dispererai perché preferiresti cento volte tornare indietro e non doverlo guardare in faccia, questo cambiamento. E ti aggrapperai all’idea di poter rimpicciolire e fingerti felice e indifeso come qualche anno fa, finché non ti accorgerai di non poterlo fare, perché la vita va avanti e chi resta indietro ne viene travolto. 


Questi vent’anni li vedo così, un po’ confusa, un po’ spaventata, un po’ intrigata. Chissà se ne uscirò viva. O meglio, chissà se voleranno, come si sente dire in giro. Mi auguro di no, perché ai trenta, ancora, non ci voglio proprio pensare. Nel frattempo, farò del mio meglio per viverli fino in fondo, perché è l'unica cosa che mi resta da fare.

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